Relativamente alla trasferibilità del percorso in Italia, riteniamo che il maggior ostacolo possa essere individuato nell’assenza, nel nostro Paese, di
un profilo professionale codificato di “orientatore”.
Infatti, nonostante diversi tentativi di definizione di standard minimi a livello nazionale, attualmente quindi di fatto chiunque può svolgere questa mansione.
Nella pratica coloro che si trovano a ricoprire tali mansioni sono tendenzialmente gli operatori sociali (educatori professionali, assistenti sociali, operatori sociali privi di alcuna qualifica specifica) impiegati all’interno di progetti e/o strutture di accoglienza per migranti. Fatta eccezione per le esperienze di servizi di orientamento rivolti nello specifico ai migranti svolti all’interno dei Centri per l’Impiego (realtà che non compre comunque l’intero territorio nazionale) e alcune esperienze di agenzie private (quali ad esempio agenzie interinali), sulla quasi totalità del territorio, l’orientamento motivazionale e professionale è demandato agli enti del privato sociale che si organizzano per rispondere in modo sempre più funzionale alle esigenze dei migranti. Tra l’altro questi ultimi vanno sempre più considerati facenti parte di un fenomeno e di un contesto che oggi è in continuo mutamento, pertanto si deve anche mettere in conto che tali servizi dovrebbero risultare il più dinamici e flessibili possibile in modo da mantenere costantemente in loro un’alta funzionalità.
Come conseguenza di ciò che è stato descritto sopra, risulta difficile stabilire una soglia di competenze in ingresso possedute da un potenziale partecipante al percorso formativo e ciò potrebbe tradursi nell’esigenza di approfondire maggiormente alcuni aspetti teorico / metodologici legati al percorso di counselling rispetto a quanto trattato nel percorso MOVE ON.
Con l’esclusione di questo elemento, tuttavia, riteniamo che il percorso formativo sia facilmente trasferibile nel nostro contesto nazionale. In primo luogo in quanto utilizza un approccio fortemente esperienziale e costruttivista, che quindi consente un buon livello di adattabilità alle effettive
competenze ed interessi dei partecipanti. Infatti questo percorso potrebbe essere anche implementato con un moduli relativi al Capacity Building, al
fine di fornire ai servizi e agli operatori degli strumenti utili alla ricerca di strategie che permettano di adattarsi ai target specifici e ai continui mutamenti
del contesto in cui essi stessi operano. L’approccio esperienziale e costruttivista permette di dotarsi degli strumenti utili per trovare soluzioni che possano
rispondere alle varie esigenze, piuttosto che fornire delle risposte “preconfezionate” che probabilmente risulterebbero poco applicabili a tutti i contesti se
non ripensate e riadattate. In questo il percorso formativo di Move On può risultare realmente un approccio che può superare confini territoriali e “barriere
di qualifiche codificate”.
In secondo luogo, proprio perché l’approccio utilizzato nel percorso MOVE ON prescinde sostanzialmente dagli aspetti normativi / organizzativi dei servizi –
focalizzandosi invece sulla capacità dell’orientatore di riconoscere i propri assunti relativi alla cultura e al genere e sull’essere in grado di metterli in discussione – si presta ad essere utilizzato nei più diversi contesti nazionali e di servizio.

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