Il 20 ottobre scorso, è passato alla Camera un testo di legge unificato in base a 12 proposte anteriori, inerente alle «Misure per prevenire e contrastare condotte di maltrattamento o di abuso, anche di natura psicologica» a danno di tre categorie vulnerabili: i «minori negli asili nido e nelle scuole dell’infanzia» e le «persone ospitate nelle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali per anziani e (…) con disabilità». Nel mantenimento delle condizioni che rendono possibile il «patto educativo» e l’ «alleanza terapeutica», il Ddl in oggetto, composto da 6 articoli, persegue una doppia finalità: prevenire e contrastare i reati che hanno per vittime minori, anziani e disabili; regolare la «raccolta di dati utilizzabili a fini probatori in sede di accertamento di tali condotte» (Art. 1). A questo scopo, è prevista la possibilità di introdurre sistemi di videosorveglianza a circuito chiuso nelle strutture, in accordo con le rappresentanze sindacali o previa autorizzazione dell’Ispettorato del Lavoro (Art. 4) e in linea con le prescrizioni dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali (Art. 4).
Sul piano della formazione degli operatori, il testo richiede, all’Art. 2, «adeguati requisiti di idoneità psico-attitudinale», da verificare al momento dell’assunzione e con cadenze periodiche. Entro un anno dall’entrata in vigore della legge, il Governo dovrà disciplinare, con apposito decreto legislativo, la «valutazione attitudinale nell’accesso alle professioni educative e di cura» e la «formazione iniziale e permanente del personale delle strutture». Particolare attenzione è prestata al «logoramento psico-fisico» di chi assiste continuativamente i soggetti ritenuti vulnerabili, oltre alle garanzie inerenti al coinvolgimento delle famiglie interessate. In risposta alle pressioni dell’Anffas sull’auspicata apertura delle strutture (le c.d. «case di vetro») alle famiglie, l’Art. 3 del Ddl prevede la possibilità, attraverso l’emanazione di specifiche linee-guida, di visitare gli ospiti residenti «lungo l’intero arco della giornata».
Per monitorare l’attuazione della legge, il Governo dovrà trasmettere ogni anno, entro il 31 marzo, una relazione alle Camere, con riferimento ai reati commessi a danno di quei soggetti e ai relativi procedimenti giudiziari (Art. 5).
Nell’ambito di questa delicata normativa di tutela, e in attesa delle valutazioni spettanti al Senato, il problema degli abusi agli anziani rappresenta, rispetto al discorso sugli altri soggetti vulnerabili, l’aspetto meno dibattuto. Per far luce sullo stato della loro protezione giuridica in Italia, abbiamo rivolto alcune domande all’Avvocato Salvatore Milianta, dell’Ordine di Modena, che da anni si occupa del tema della tutela legale degli anziani ‘fragili’.
Avvocato Milianta, come è arrivato a occuparsi di tutela legale dei soggetti fragili? Potrebbe tracciare una sintesi della sua esperienza?
Sono arrivato ad occuparmi dei diritti dei soggetti fragili, in realtà quasi esclusivamente degli anziani, per avere lavorato come consulente di imprese che si occupavano di servizi alla persona e di enti del terzo settore. Uno di questi soggetti è stato «Anziani e non solo», una cooperativa sociale che si occupa di ideare, sviluppare e sperimentare progetti relativi alla società dell’invecchiamento. Uno tra questi, durato dal 2009 al 2011 e finanziato con fondi dell’Unione Europea, era finalizzato a censire le buone prassi politiche e/o normative di prevenzione degli abusi agli anziani nei paesi europei in cui operavano le ONG che costituivano il partenariato di quel progetto.
In seguito ho preso parte ad altri progetti nazionali ed europei, sempre sullo stesso tema, a cui Anziani e non solo mi chiesto di collaborare. Da quelle attività è nata la provvista di competenze che hanno portato me e la Dott.ssa Licia Boccaletti, responsabile di progetto all’interno della Cooperativa, a poter rispondere alle esigenze di formazione che i soggetti che si occupano di cura degli anziani hanno sentito il bisogno di fornire ai propri collaboratori. Prima l’argomento era misconosciuto; anzi, era quasi un tabù. Ora è positivo notare come la sensibilità sul tema sia notevolmente cresciuta.
Quali sono le fattispecie penali che entrano in causa e quali problemi comporta l’identificabilità delle condotte di abuso e la loro prevenzione nelle strutture socio-sanitarie pubbliche e private?
Innanzitutto mi preme dire che ancor prima che una violazione di una norma penale, l’abuso agli anziani è una violazione dei loro diritti umani, talvolta anche dei più elementari: basti pensare alle circostanze in cui agli anziani non venga dato adeguatamente o non venga affatto dato da bere o da mangiare. Ma se è vero che ogni reato commesso ai danni degli anziani può essere un abuso, non tutti gli abusi sono reati. A volte, i comportamenti abusivi possono addirittura non superare la soglia dell’illecito civile o dell’inadempimento contrattuale, pur essendo lesivi della dignità della persona. Un caso icastico si verifica quando, a un anziano capace di avvertire i propri stimoli fisiologici, viene messo il pannolone e lo si costringe a far minzione o evacuare senza portarlo in bagno. A simili situazioni si potrebbe sopperire con una semplice misura organizzativa aziendale. Peraltro, date le note carenze del sistema giudiziario penale (soprattutto in termini di esecuzione della pena), la tutela risarcitoria potrebbe essere un deterrente più efficace sia verso la struttura che verso i responsabili sui quali la struttura potrebbe rivalersi dopo aver risarcito il danneggiato.
Volendo essere schematici, in letteratura gli abusi agli anziani sono categorizzati in 5 sottospecie: abusi psicologici, abbandono e trascuranza, abuso finanziario, abuso sessuale, abuso fisico. Tuttavia, non esistendo in Italia una disciplina speciale per gli abusi agli anziani, non disponiamo di una definizione normativa, perciò ogni categoria di abuso deve trovare un referente nella disciplina generale. Ciò è possibile, con un margine variabile di approssimazione, stabilendo una corrispondenza tra le categorie di abusi e le singole fattispecie.
Per fare solo qualche esempio, condotte di abuso fisico all’interno delle strutture residenziali potranno ricadere nei reati di «Lesioni personali» (Art. 582 C.P.) o di «Abuso dei mezzi di correzione o di disciplina» (Art. 571 C.P.) e, per applicazione giurisprudenziale, nel reato di «Maltrattamenti in famiglia» (Art. 572 C.P.). Quest’ultima fattispecie, ad onta del nome, è applicata alle strutture residenziali per interpretazione estensiva del giudice, che considera la «famiglia» come contesto e non come relazione parentale (Cass. pen., Sez. VI, 30/05/1990, n. 394 e Cass. pen., Sez. VI, 17/10/1994, n. 3965). Esemplificando ancora, l’abbandono e la trascuranza troveranno rispettiva corrispondenza nell’Art. 591 C.P. («Abbandono di incapace») e nella «Violazione e omessa prestazione dei mezzi di sussistenza» (Art. 570 C.P.); l’abuso finanziario/materiale nella «Truffa» , nella «Circonvenzione di incapace» o, ancora, nella «Violazione di domicilio» (nell’ordine: Artt. 640, 643 e 614 C.P.).
Cosa comporta questo vuoto giuridico in termini di prevenzione degli abusi?
È importante rilevare che, mancando la definizione, non è possibile identificare in concreto una condotta di abuso agli anziani né, di conseguenza, censire le dimensioni e le caratteristiche del fenomeno. Pertanto, è più difficile poter fare, e ancor prima pensare e volere, delle politiche di prevenzione. Provo a spiegarmi: ci saranno n casi di abuso dei mezzi di correzione, n casi di truffa, ecc.. ma non si saprà quanti, tra quei casi, riguarderanno gli abusi agli anziani. Neppure si potrà sapere se, con riferimento agli anziani, le condotte sottese a quelle fattispecie abbiano caratteristiche precise e ricorrenti, quindi che previsioni e, soprattutto, che azioni si possono mettere in atto per prevenirle ed evitarle.
Estendendo la domanda alla Dott.ssa Boccaletti, ritenete che i nuovi strumenti di videosorveglianza previsti dal Ddl in oggetto (Art. 4) siano efficaci sul piano della deterrenza e della qualità dei servizi prestati? Si potrebbe lavorare in altre direzioni?
Riteniamo che gli strumenti di videosorveglianza abbiano un’efficacia repressiva più che preventiva. Aiutano più facilmente a identificare e punire il colpevole, possono precostituire prove più convincenti della responsabilità, ma l’anziano sarà stato ugualmente leso, ferito, mortificato. Sono noti i fatti di cronaca relativi ad abusi perpetrati nonostante la presenza di telecamere, della quale l’agente era consapevole. Più efficaci, in questo senso, ci sembrano altri contenuti del testo in esame. Oltre all’attenzione posta al «logoramento psico-fisico derivante dall’espletamento di mansioni che richiedono la prestazione di assistenza continuativa a soggetti in condizioni di vulnerabilità (Art.2, 1° co, lett. a) pensiamo alla previsione di «percorsi di formazione professionale continua dei lavoratori» (Art.2, 1° co, lett.c) e di «incontri periodici e regolari di équipe degli operatori, allo scopo di verificare precocemente l’insorgenza di eventuali criticità e di individuare le possibili soluzioni innanzitutto all’interno del gruppo di lavoro» (art.A, 1° co, lett.d). Degna di nota è anche la «previsione di colloqui individuali o di incontri collettivi tra famiglie e operatori o educatori, finalizzati a potenziare l’alleanza educativa-accuditiva come principale strumento per migliorare il benessere delle persone destinatarie di interventi educativi o di cura, oltre a rafforzare il coinvolgimento e la fiducia dei familiari nelle relazioni con il personale» (art.A, 1° co, lett.e).
Si tratta di strumenti idonei a creare un clima in cui l’abuso possa attecchire meno facilmente. Se gli operatori interiorizzano l’idea che l’anziano non sia l’‘oggetto’ di una prestazione, ma il ‘soggetto’ di una relazione di cura – se, cioè, l’anziano ‘rimane’ una persona -, risulterà più difficile cadere in considerazioni simili: ‘cosa importa anche se lo tratto male, tanto è solo un vecchio’; oppure: ‘cosa importa anche se lo tratto male, tanto così fanno tutti, quindi non sarà sbagliato’.
Ci sono altri aspetti del Ddl che ritenete migliorabili?
Come si diceva prima, senza una definizione chiara e precisa di cosa sia l’abuso all’anziano, lo strumento della relazione annuale alle Camere (previsto dall’art.5) rischia di essere uno strumento di conoscenza e analisi del fenomeno meno efficace di quanto potrebbe essere.
Un limite significativo della proposta, infine, ci sembra la clausola di neutralità finanziaria di cui all’art.6, ossia il fatto che, per queste norme, non sono previste risorse. Ciò rende difficile pensare che possano realisticamente essere avviate politiche di attuazione concreta della legge.
Fonte: http://www.lindro.it/abuso-agli-anziani-realta-atipica/